Su richiesta del prof. Francesco Peluso Cassese, segnaliamo la call for papers “Giornale di Educazione alla Salute, Sport e Didattica Inclusiva”.
Non è possibile parlare in chiave pedagogico/educativa di emergenza e di post emergenza senza fare riferimento alla natura sempre potenzialmente traumatica dello stato di crisi conseguente a tali condizioni e senza rivolgere l’attenzione all’aspetto più intimo e umano di esse: le emozioni, i sentimenti e gli affetti. Il cosiddetto capitale emotivo (che genera e alimenta valori politici, sociali e morali all’interno di una comunità) è oggi, infatti, accreditato, dal punto di vista scientifico e umanistico, come una delle principali leve della ricostruzione socio-educativa in contesti di fragilità. (Isidori, 2012).
Proprio il corpo è parte costituiva dell’identità umana e questo spiega il fatto che, dal punto di vista intrapsichico, l’essere umano sottoposto a un episodio traumatico tenti di intervenire sulla realtà o sulla propria rappresentazione di questa, nel contesto di un rapporto di forza fra interno ed esterno, mediato, appunto, dal proprio corpo. Tale “lotta” può, in alcuni casi, vederlo soccombere e costringerlo a “ritirarsi in sé stesso”, nel tentativo di operare un distacco, che, se da un lato funziona come membrana protettrice, dall’altro gli rende più difficile avere scambi dinamici funzionali con la realtà circostante (Marino, 2004)
L’interazione, tra percezioni e simboli, scandita dal processo dell’esperienza, abbraccia quattro livelli: il corpo, le interazioni con l’ambiente fisico, l’interazione con gli altri e la capacità simbolica. Tale scambievolezza genera un apprendimento complesso rispetto al rapporto tra corpo e pensiero (Corona, 2012).
L’approccio nel settore delle scienze cognitive dell’Embodied Cognition (E.C.) considera la corporeità una condizione favorevole e necessaria per lo sviluppo dei processi cognitivi. La corporeità può facilitare la costruzione della conoscenza in quanto la partecipazione attiva del corpo durante una consegna didattica consente all’alunno di vivere ed alimentare emozioni profonde, intese come input di rinforzo, prodotto del totale coinvolgimento della persona nella sua globalità. (Gomez Paloma, 2014).
La realizzazione dell’inclusione, infatti, avviene in tutti i contesti di vita: certamente la scuola è la prima agenzia educativa, ma non è l’unica. L’insegnante che si occupa dell’educazione del soggetto, nella sua globalità, riconosce la necessità di riportare le realtà sociali e di vita quotidiana all’interno dell’aula e lo può fare se riconosce che la corporeità prende pienamente parte al processo di apprendimento. Se il docente, nell’operare didatticamente, percepisce lo studente con “la mente in classe e il corpo per strada”, sarà difficile educare all’inclusione. Il primo passo da fare è smontare questa sovrastruttura culturale e ripartire dall’idea che si può apprendere sorridendo, giocando e manifestando felicità e che la miglior didattica inclusiva è quella che consente di apprendere partendo dal cuore (Gomez Paloma, 2012).
Ci sembra quindi opportuno la valorizzazione, in questo periodo, delle pratiche didattico-educative incentrate sullo sviluppo di sensazioni, percezioni ed emozioni, in generale attraverso l’agire interno ed esterno volto a massimizzare il processo di riappropriazione del rapporto tra corpo e ambiente nel rispetto delle limitazioni, ancora esistenti, ma senza perdere i vantaggi nell’apprendimento vissuto. I topic di seguito proposti vogliono tentare di coprire il vasto campo di applicazione di quanto sopra
esposto:
- Il Corpo nei processi di apprendimento
- Il Corpo come strumento inclusivo
- La Pedagogia dell’emergenza e del post emergenza
- Il legame tra benessere psicofisico e processi di apprendimento
- La Didattica incentrata sul capitale emotivo
- Nuove Tecnologie, emozioni e apprendimento.
La scadenza per l’invio del contributo è fissata al 16.11.2020.
Per maggiori informazioni: http://ojs.gsdjournal.it